Al termine di quattro giorni di negoziato serrato, in cui l’Europa intera è sembrata in scacco dei cosiddetti ‘frugali’, il Consiglio Europeo riunito a Bruxelles approda a una bozza di intesa. L’ammontare complessivo del Recovery Fund sarà di 750 miliardi: 390 di contributi a fondo perduto e 360 di prestiti. Rimangono gli ‘sconti’ concessi ad alcuni paesi su quanto dovranno versare nel bilancio Ue.
Quattro giorni di negoziati in plenarie, trattative bilaterali e un confronto tiratissimo tra ‘frugali’ e ‘mediterranei’, ma alla fine da Bruxelles arriva una fumata bianca. Il Consiglio europeo straordinario, previsto inizialmente venerdì e sabato e proseguito fino alla scorsa notte per cercare di accorciare le distanze tra le diverse posizioni, è approdato finalmente ad una bozza di accordo condivisa dai 27. Fondamentale la paziente opera di mediazione con cui la Cancelliera tedesca Angela Merkel è riuscita a sbloccare l’impasse sul Recovery Fund (il ‘Next Generation EU’ come lo ha denominato la Commissione Ue): 750 miliardi da iniettare nelle economie europee per risollevarle dalla crisi generata dal Covid-19. Se il presidente del Consiglio europeo Charles Michel aveva parlato di ‘Mission impossible’, la preoccupazione di tutti era che il negoziato si chiudesse senza un’intesa, a causa di veti e ricatti incrociati da parte dei paesi schierati in blocchi di interessi contrapposti. Da una parte i ‘frugali’, che chiedevano un ammontare complessivo ancora più basso, maggiori controlli sulle spese e una forte riduzione delle sovvenzioni a fondo perduto. Dall’altra quasi tutti gli altri paesi (soprattutto quelli mediterranei, Italia in testa) che insistevano per non ridurre le ambizioni (e l’ammontare) delle misure europee. Tra questi si inseriva anche il blocco dell’est – e l’Ungheria di Orban in particolare – che non intendeva cedere nel vincolare l’erogazione dei fondi al rispetto dello stato di diritto. Il compromesso raggiunto rappresenta un traguardo storico per l’Ue, che per la prima volta opta per un considerevole indebitamento comune per rilanciare la crescita.